Un gabbiano comune attraversa il cielo. Un martin pescatore ha trovato un albero dove riposarsi. Un gruppo di svassi maggiori si bagna sotto il sole. Siamo nella Grande Cariçaie, che con i suoi 3000 ettari è di gran lunga la più grande zona palustre della Svizzera.
Situata sulla sponda meridionale del lago di Neuchâtel, comprende paludi, boschi sommersi, rive e, soprattutto, un quarto delle specie di flora e fauna svizzere. La Grande Cariçaie è una delle 11 zone umide del Paese ad essere protetta dalla Convenzione di Ramsar, un trattato che ha lo scopo di garantire la salvaguardia delle zone umide più preziose per la biodiversità del pianeta.
Nel 1976 la Svizzera ratifica la cosiddetta Convenzione di Ramsar, che prende il nome dalla città iraniana dove nel 1971 è stata firmata. La Convenzione invita gli Stati firmatari a proteggere le zone umide considerate di importanza internazionale.
Va detto che le minacce sono numerose e sempre più presenti. Tra queste, l’agricoltura intensiva, l’urbanizzazione, il cambiamento climatico e l’inquinamento.
Attualmente la Svizzera conta 11 «siti Ramsar», che coprono quasi 15 000 ettari, pari allo 0,2 per cento del territorio nazionale. Questi siti sono presenti in tutte le regioni linguistiche. Nel Paese esistono molte altre zone umide, che però non soddisfano i criteri di protezione previsti dalla Convenzione di Ramsar.
Luoghi di nidificazione e di riposo
Le zone umide sono ambienti di transizione tra gli ecosistemi terrestri e acquatici. Sono caratterizzate da una saturazione d’acqua del suolo che ne influenza la composizione biologica, chimica e idrologica. Di conseguenza, queste zone comprendono una grande varietà di ambienti, tra cui delta, zone golenali e paludi. Ciò che hanno soprattutto in comune è la presenza di molte specie vegetali e animali. Esse svolgono pertanto un ruolo fondamentale per gli uccelli acquatici, offrendo loro luoghi di nidificazione e di riposo durante le migrazioni. Alcune specie dipendono quindi fortemente da questi biotopi per la loro sopravvivenza.
Oltre alla loro importanza per la flora e la fauna, le zone umide rendono numerosi servizi ecosistemici agli esseri umani, tra cui la regolazione del ciclo dell’acqua o l'assorbimento di CO2.
Oggi, però, la modernità porta con sé una serie di minacce. L’urbanizzazione e l’inquinamento mettono a repentaglio il fragile equilibrio di questi biotopi. Venticinque giovani hanno voluto sensibilizzare il pubblico sulla salvaguardia di questi siti insostituibili, collaborando con la casa di produzione dell'area lemanica Teenergy. Il risultato: una serie di 11 brevi documentari girati tra il 2017 e il 2024. Il formato, una ventina di minuti al massimo, è efficace. È un interessante mix tra scienza e poesia. I documentari si articolano attorno a un incontro: quello tra esperti di biodiversità e giovani provenienti da tutta la Svizzera.
La scienza attraverso la bellezza
Il regista Axel Lakhdar ha lavorato a fianco del padre Hassan per tutti i film. Il giovane aveva solo 18 anni quando iniziò a muovere i primi passi in questo progetto. «Coordinare l’incontro tra due mondi – i giovani da un lato e gli scienziati dall’altro – è qualcosa che ha subito suscitato il mio interesse.
Per Axel, informare mostrando la bellezza delle zone umide è una strategia proficua: «Molte persone non sanno che queste zone sono luoghi mozzafiato. È fondamentale filmare questa bellezza. Quando la gente la vede, non può che innamorarsene. Se si vuole proteggere la natura, bisogna prima di tutto amarla.
Per Liana Menétrey, invece, quando ha scoperto la Grande Cariçaie durante le riprese è stato amore a prima vista: «Mi sembrava di essere in viaggio, di passare da un Paese all’altro, tanto i paesaggi erano diversi. Tutto ciò incontrando sulla mia strada martin pescatori o gabbiani.» Oggi Liana vive vicino alla Riserva delle Grangettes, un’altra zona umida protetta dalla Convenzione di Ramsar.
Sami Zaïbi ha partecipato con Liana al documentario sulla Grande Cariçaie, girato tra il 2018 e il 2020. Come lei, era già un appassionato di natura, ma esplorare la riserva gli ha permesso di cogliere appieno le sfide legate alla salvaguardia del sito. «Quando si parla di biodiversità o di ecosistemi in pericolo, si crede che si tratti di luoghi distanti migliaia di chilometri, situati in altri continenti. Ma non è così, ed è questo il dramma delle zone umide: tanto sono sconosciute quanto sono necessarie. Vedendole da vicino si capisce meglio la loro importanza, insiste. Si scopre la natura allo stato puro, come dovrebbe essere.»
Impegno e convinzioni
Da parte sua, Hélène Tavel ha partecipato al film sullo Chablais de Cudrefin. Ritiene urgente sensibilizzare l’opinione pubblica sulla protezione delle zone umide. «In Svizzera, se si ha avuto la fortuna di crescere a contatto con la natura, spesso è stato in montagna. Ciò permette di sviluppare una certa sensibilità sulle questioni legate al clima, ma non di rendersi conto dell’importanza delle zone umide. Bisognerebbe instaurare un legame simile anche con questi siti.»
Grazie alla varietà delle persone che intervengono, ogni documentario di Teenergy crea a modo suo un legame tra la scoperta della natura e la trasmissione del sapere. Un mix ardito che riesce a suscitare emozioni.
L’ultimo documentario, che rende omaggio al sito del bacino idrico di Niederried nei pressi di Berna, racconta la storia di Laura e Joana Lehmann, sorelle ed entrambe audiolese sin dalla nascita. Grazie al loro apparecchio acustico riescono comunque ad ascoltare il suono degli uccelli che attraversano la riserva, dal canto dell’usignolo a quello del fringuello. La scena trasmette un messaggio forte, alla stregua di tutti i documentari: la natura offre a tutti, senza eccezioni, qualcosa di cui meravigliarsi.
I documentari di Teenergy mostrano quindi al grande pubblico la ricchezza delle zone umide e la loro incredibile diversità. Questa immersione visiva ci mostra che, in quanto riserve di biodiversità, queste zone formano sistemi complessi in cui le interazioni tra acqua, suolo, piante e animali formano un delicato equilibrio. Un equilibrio insostituibile per il pianeta, che deve essere assolutamente salvaguardato.
Porträts
Hélène Tavel, 28 anni, sta studiando per ottenere l’AFC come agricoltrice. Un’avventura professionale che le consente di mettere in pratica le sue convinzioni.
Liana Menétrey, 27 anni, da anni è appassionata di natura. Attualmente lavora come giornalista e sta per iniziare una formazione di botanica di campo.
Sami Zaïbi, 29 anni, è un giornalista residente in Egitto. Nel 2024 ha vinto il premio «Best Young European Reporter» per il suo reportage a Samsø, un’isola danese autosufficiente nella produzione di energie rinnovabili.
Axel Lakhdar, 28 anni, è un regista cinematografico. Dietro la telecamera, insieme al padre, ha realizzato tutti i documentari sulle zone umide.
Le riprese sono state realizzate nelle quattro lingue nazionali: in francese per il sito della riserva naturale vodese delle Grangettes (VD), in tedesco per il bacino idrico di Niederried (BE), in italiano per le Bolle di Magadino (TI) e infine in romancio per il ghiacciaio Roseg (GR).