Non penso di essere una sprecona. Conduco una vita modesta, sono una persona relativamente parsimoniosa e possiedo oggetti che utilizzo da 15 o addirittura 20 anni. Insomma, non getto qualcosa così velocemente. Almeno lo pensavo finché, per scrivere questo articolo, non ho analizzato un po’ più attentamente il mio sacco dei rifiuti. È stato lì che me ne sono accorta: tra i rifiuti, oltre agli inevitabili imballaggi di plastica e a tanti fazzoletti sporchi, c’erano per la maggior parte alimenti. Che vergogna! Non ero stata educata a non lasciare nulla nel piatto? A conservare gli avanzi in un contenitore Tupperware per il giorno dopo? Mi tocca ammetterlo, purtroppo: malgrado la severa educazione che ho ricevuto e i valori ecologici in cui credo, mi ritrovo a gettare alimenti che si aggiungono ai 2,8 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari che la Svizzera produce ogni anno. Evidentemente, in quanto a spreco alimentare non sono solo io un cattivo esempio.

Rifiuti in calo nel 2022

Più di un terzo della spazzatura domestica è costituito da rifiuti che potrebbero essere compostati o fermentati: scarti alimentari, derrate alimentari, rifiuti da giardino e alimenti liquidi. Lo dimostra uno studio dell’UFAM che nel 2022 ha analizzato la composizione dei rifiuti sulla base dei sacchi per la raccolta in 33 Comuni. Lo studio, che viene condotto a cadenza decennale dal 1982, formula conclusioni sul comportamento in merito allo smaltimento e alla raccolta differenziata per tutta la Svizzera. I rifiuti (suddivisi in 32 frazioni) dicono moltissimo sui nostri consumi, sulle nostre abitudini di vita e sulla nostra capacità di riciclaggio.

A cosa serve la tasse sul sacco?

La tassa sul sacco che alcuni Cantoni svizzeri hanno introdotto a partire dagli anni 1990 e che la Confederazione ha sancito per legge nel 1997 punta a ridurre la quantità di rifiuti in base al principio di causalità, creando un incentivo alla raccolta differenziata. Insieme a investimenti nelle infrastrutture di riciclaggio, la tassa ha prodotto ben presto l’effetto desiderato: da uno studio del 2016 è emerso che i rifiuti combustibili come carta e cartone si erano ridotti del 40 per cento. A prima vista, la misura pare dunque aver centrato l’obiettivo. Ma secondo Samuel Anrig, collaboratore scientifico nella sezione Rifiuti urbani dell’UFAM, è ancora troppo poco: «È vero: nei sacchi finiscono meno immondizie, ma abbiamo sempre più rifiuti differenziati. In altre parole: il volume totale dei rifiuti continua ad aumentare».

Nel 2022, la quantità di rifiuti domestici pro capite si è fermata a 148 chilogrammi registrando una diminuzione di 58 chilogrammi rispetto al 2012: questa è la buona notizia che emerge dal rapporto. Samuel Anrig, collaboratore scientifico nella sezione Rifiuti urbani dell’UFAM, attribuisce principalmente questo dato a una maggiore diffusione della raccolta differenziata: «I cambiamenti più consistenti degli ultimi dieci anni riguardano carta, plastica e rifiuti organici che vengono sempre più riciclati e finiscono sempre meno nel sacco della spazzatura. I Cantoni e le città possono andare orgogliosi delle loro infrastrutture di riciclaggio e del modo in cui vengono utilizzate». Questa tendenza verso la raccolta differenziata è stata propiziata dalla tassa sul sacco che la maggior parte dei Cantoni aveva introdotto negli ultimi anni (v. riquadro).

La piaga dello spreco

Nonostante questo risultato alquanto positivo, Samuel Anrig, se chiamato a esprimere un giudizio, definirebbe come migliorabile la nostra prestazione nel settore dei rifiuti. «Non voglio sembrare eccessivamente severo, ma nella spazzatura si trovano ancora troppi contenuti riciclabili. Insomma: il potenziale di miglioramento è ancora notevole». A irritarlo in particolare è quel 35 per cento di rifiuti alimentari che finiscono nella spazzatura quando potrebbero essere ridotti o almeno utilizzati come fertilizzanti o per produrre energia riciclabile come il biogas. Lo spreco alimentare è una piaga che mina la protezione dell’ambiente in Svizzera. Circa un terzo delle derrate alimentari prodotte nel nostro Paese va perso, e nelle economie domestiche sprechiamo in media 90 chilogrammi di alimenti pro capite all’anno. Un vero e proprio problema ecologico che ha indotto la Confederazione a fissare un obiettivo: dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030.

Un problema legato al lusso

Ma come mai gettiamo così tanto cibo? «Perché ce lo possiamo permettere», risponde Karim Hächler, responsabile di progetto e della comunicazione per la Svizzera romanda presso l’associazione foodwaste.ch. In generale vale questa regola: se il PIL di un Paese aumenta, cresce anche la quantità dei suoi rifiuti. La Svizzera non fa eccezione, almeno fino al 2022 quando la curva dei rifiuti si è appiattita e per la prima volta non ha più seguito quella del PIL. Eppure, lo spreco alimentare non è diminuito. «In Svizzera, il cibo non è al centro delle esigenze della popolazione: gli dedichiamo poco tempo e una parte marginale del budget. Quando l’insalata in frigorifero inizia ad appassire, mangiamo qualcos’altro e il giorno dopo ne compriamo dell’altra fresca», asserisce Karim Hächler.

«Per amore del cibo»: questo è lo slogan di foodwaste.ch che si propone di informare e richiamare l’attenzione sullo spreco alimentare cercando di far capire quanto sia preziosa questa risorsa. Nell’ambito di una delle sue azioni più recenti, l’associazione aiuta i commercianti al dettaglio di piccole e medie dimensioni a mettere in pratica le nuove guide alla datazione delle derrate alimentari pubblicate dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV). Grazie a questa iniziativa, gli alimenti possono essere venduti o consumati in sicurezza ancora per un certo periodo dopo la data riportata sulla confezione. I commercianti al dettaglio hanno la facoltà di ridurre il prezzo per questi prodotti indicando il motivo con l’ausilio di apposite etichette.

Prestare attenzione ai rifiuti

La responsabilità dello spreco alimentare, tuttavia, non è solo delle economie domestiche o del commercio al dettaglio. Molti alimenti vanno già persi nella fase di stoccaggio, trasporto, trasformazione, selezione o imballaggio dei prodotti. Ed è proprio questa l’assurdità del food waste dal momento che sprecare non vale la pena né dal punto di vista ecologico né economico e tutti concordano sulla necessità di limitare le perdite. Noi, con le nostre decisioni, possiamo fare molto al riguardo. Differenziare è meglio che gettare e da ora in poi presterò maggiore attenzione a cosa finisce nel mio sacco dei rifiuti.